lunedì 25 maggio 2015

Sta a noi la capacità di affermare la nostra indisponibilità a una colonizzazione dell’affetto


Dice in un suo recente libro il giovane economista e filosofo francese Frédéric Lordon:

"Si può così affermare che la disponibilità a immettere soggettività (desiderio) nelle maglie del capitale vada ricondotta sempre più esattamente agli schemi dei modelli ri-produttivi connessi alla cooperazione sociale che vengono sfruttati dal capitalismo contemporaneo. Il neoliberismo riconosce che il valore sta in un investimento di desiderio, perciò lo stimola ma vuole al contempo controllarlo. Ed è così che oggi può essere meglio svelato l’inganno di un lavoro produttivo fintamente modellato sull’idea del «dono» e della «cura», la cui motivazione, in realtà, è assente poiché manca la possibilità di un rispecchiamento, denso di senso, negli «altri», mentre l’Io è continuamente sfidato da un regime di visibilità costante. Davvero è «desiderabile» tutto questo?

Alla fine, Lordon stesso pensa che ci sia modo di uscire da questo circuito, facendo leva sugli «scontenti»: «Quale sarà il principio strutturante del nuovo antagonismo? Ancora una volta gli affetti. Per la precisione l’urto tra i felici che non vogliono cambiare niente e gli scontenti che vogliono altro». Gli scontenti, e potremmo aggiungere i non-felici, i non-adattati, quelli che si mantengono capaci di «leggere» i propri desideri, ecco la nuova «classe pericolosa» che minaccia il capitale, fuori da ogni lineare ricomposizione di classe a cui ci ha abituati il passato. Sta a noi la capacità di affermare la nostra indisponibilità a una colonizzazione dell’affetto. Sta a noi inventare e investire su forme di riconoscimento inconoscibili al capitale. Sta a noi questa «piena riappropriazione della potenza» che continua a esistere anche nel regno del desiderio-padrone."